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  • Immagine del redattoreSabrina

Disturbo alimentare: quel vuoto insaziabile

Aggiornamento: 26 ott 2020

Prima e dopo i pasti, prima e dopo un evento importante, prima o dopo un traguardo perso o raggiunto e’ la fame l’unica sensazione. Ma a volte non si tratta neanche di fame, ma di una necessità di riempire, di calmare e sedare quello che sentiamo dentro.


Molto spesso il disturbo alimentare e’ descritto come una sorta di bisogno irrefrenabile. Si e’ tentati a discreditare quel bisogno, a mangiare senza pensarci.


Poi arriva il senso di colpa, la frustrazione, un’altra dieta da ricominciare. Oppure il volere espellere quello che si è mangiato, il voler rigettare, trovare intollerabile quella sensazione di pienezza. Imbarazzo, vergogna e disprezzo di se’ sono quello che rimane, insieme ad uno stomaco pieno oppure nuovamente svuotato e dolorante.

Dopo di che si ricomincia di nuovo, atro pasto, altro bisogno, altro giro. Senso di qualcosa, senso di fame, riempire e poi svuotare, odio, ansia, depressione, paura, disturbo alimentare.

Ci si ritrova persi in questo circolo, col giudizio degli altri addosso, che si trasforma in ansia, che ci fa allontanare dagli altri, che ci fa invidiare quello che vediamo ed interpretiamo come “normalità’.


Se si guarda poi online la descrizione sembra ruotare solo attorno a sintomi, numero di “episodi” e conseguenze fisiche per la persona. Il Journal of Eating disorders afferma che i disturbi alimentari come Anoressia e Bulimia Nervosa hanno severe conseguenze sia fisiche che mentali e che rappresentano la malattia psichiatrica con il più alto tasso di mortalità.


Altri disturbi alimentari sono Binge Eating o abbuffata compulsiva e obesità, anche se quest’ultima non e’ ancora formalmente riconosciuta come disturbo alimentare.

Pazienti con disturbi alimentari e obesità sono aumentati enormemente negli ultimi 20 anni.


Studi psicologici non hanno trovato una causa chiara sul perché il nostro mangiare può’ diventare problematico. In comune sono presenti una bassa autostima, senso di inadeguatezza e mancanza di controllo sulla propria vita, ansia, rabbia e senso di solitudine e abbandono.


Senso di inadeguatezza e giudizio sociale


La persona che presenta un disturbo alimentare molto spesso sente di dover “farcela da sola” di ricevere poco affetto, vivere in una realtà’ da cui si sente distaccata, “scollegata” emotivamente.


Difficoltà nelle relazioni con gli altri possono essere presenti, sia relazioni di amicizia che intime. Anche i genitori vengono a volte percepiti come estremamente distanti oppure troppo coinvolti nella vita della persona.


La persona che ha relazioni conflittuali con il cibo può’ a volte sentirsi molto vulnerabile, spesso si trova in una situazione molto difficile, intrappolata nel circolo del cibo e dei giudizi di chi gli sta intorno. “Sei troppo grasso”, “sei troppo magro”, “non mangiare cosi tanto”, “secondo me hai un problema”. Oppure nella direzione opposta “come sei bella”, “cosi magra ti sta bene tutto” ma a volte gli altri non si rendono conto che la persona che riceve i complimenti per la sua magrezza si trova in realtà a vivere nell’oscurità’ e nella paura.


I giudizi da parte degli altri colpiscono, ma il giudizio verso sé stessi e’ la vera fonte di stress e di ansia che colpisce la persona con disturbo alimentare. E’ proprio questo giudizio “internalizzato”, che in principio era il giudizio di altri e che con il passare del tempo diviene il giudizio della persona verso se stessa, che crea il conflitto interiore, dove la persona si ritrova a non sentirsi abbastanza, a non sentirsi all’altezza del lavoro ad esempio o della relazione, a non meritare ciò che invece ha conquistato nella vita, a volte a costo di grandi sacrifici.


La persona che presenta con disturbi alimentari tende a rifiutarsi per quello che è. Un modo per esprimere il proprio rifiuto per quello che si e' si esprime nel rifiutare la propria fisicità corporea, in altre parole il proprio aspetto esteriore. Ed è proprio il conflitto con il corpo il campo di battaglia dove si svolge il rifiuto verso sé stessi. Il circolo vizioso di cui si parlava all’inizio dell’articolo, del mangiare per riempire un vuoto, per poi confrontarsi con il senso di colpa per aver infranto un’altra dieta, la rabbia verso sé stessi, ansia, depressione e senso di vergogna e imbarazzo.


Il disturbo alimentare: come si manifesta


Il disordine si manifesta nel mangiare, o in altre parole nel rapporto con il cibo. Il cibo si tramuta da nutrimento ad ossessione e, come nelle dipendenze, si tramuta da fonte di sostentamento a qualcosa di molto più complesso. Il cibo diventa cioè fonte di sollievo da uno stress di tipo emotivo.


Ma cosa vuol dire per la persona?

Il cibo diventa la fonte di consolazione, il rifugio quando le cose nella vita non vanno per il meglio, o anche quando tutto va bene.


La persona non è in grado di contenere le proprie emozioni, di gestirle e saperle riconoscere. La persona con disturbi alimentari generalmente non riesce da sola o con amici a contenere ciò che le accade, digerirlo e dargli senso. Non riesce a fidarsi degli altri che ai propri occhi appaiono appunto inaffidabili, inafferrabili e incomprensibili. Ecco perché’ la persona si rivolge al cibo. Il cibo diventa fonte di sollievo e conforto, diventa una sensazione allo stomaco e torpore che allevia le sofferenze. Inoltre il gestire l’ossessione prende tempo e spazio mentale, impedendo alla persona di concentrarsi sui propri problemi personali. In altre parole chi soffre di disturbi alimentari fa del cibo e del consumare il cibo il proprio mondo, allontanando e rendendo meno importante ogni altra attività o relazione.


La relazione di nutrimento e di contenimento per eccellenza che ogni essere umano ritrova e riscontra all'inizio della vita è la relazione con la madre. Ed ecco che proprio la relazione con la madre può essere connessa con la relazione con il cibo. Come è stata la relazione con la madre? E soprattutto come si può ristabilire una relazione con sé stessi, con gli altri e con il cibo che sia sana ed appagante? Come si può ricostruire la relazione con la propria “madre” interiore?


Come affrontare il disturbo alimentare?


La dieta o il rivolgersi al nutrizionista non sempre è sufficiente.

A volte è il nutrizionista ad inviare la persona dallo psicologo. La terapia aiuta la persona a relazionarsi con i propri conflitti irrisolti, al tempo stesso creando uno spazio di aiuto e sostegno reciproco all’interno della relazione terapeutica. La domanda da porsi è: di cosa hai davvero fame?


La necessità e di comprendere cosa manca nella tua vita sia di relazione che professionale. E’ proprio la relazione terapeutica il fulcro di ogni terapia e specialmente della terapia relativa ai disturbi alimentari. Il percorso che comprende il fidarsi e lasciarsi guidare porterà la persona a riscoprire le parti soppresse di se’ e a superare le proprie divisioni interne inconsce e a ritrovare la propria armonia reintegrando i proprio vissuti emotivi.


Riferimenti:

Journal of Eating disorders: https://jeatdisord.biomedcentral.com/articles/10.1186/s40337-019-0250-6



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