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  • Immagine del redattoreSabrina

Vivere nel presente con il Covid-19 (a Londra)

Aggiornamento: 26 ott 2020


“Accettare, e godersi la scia” canta il noto cantautore Vinicio Capossela, in uno dei suoi Facebook video per intrattenere il suo pubblico in quarantena. Ma riusciamo davvero ad accettare di essere privati di quasi tutto quello che caratterizza la nostra quotidianità’ di Occidentali? E di Londinesi? E se tutto quello che ci piace di Londra ci è inaccessibile, alcuni si potrebbero domandare cosa rimane dell’essere a Londra.

Quanto era fragile la nostra realtà, quanto in molti non abbiamo colto la sua essenza “liquida” (prendendo ispirazione da Zygmunt Baumann). La nostra realtà fondata sulla produzione e sul consumo, sulla pianificazione, sull’andare veloce e poi ancora più veloce, lasciandoci alle spalle in molti casi ciò che, abbiamo scoperto, essere realmente importante: gli affetti, le amicizie, il senso di comunità, sacrificarsi per l’altro in maniera significativa. Dov’è dunque che stavamo correndo? E dove stavamo andando. Noi che vendiamo, e a volte svendiamo, i nostri assetti più importanti, cosa pensavamo di ottenere di migliore? Alla fine della carriera, del mutuo, delle rate da pagare, in una delle città più “sole” nel mondo, cosa ci aspettavamo e ci aspettiamo di trovare? E come ritornare alla realtà’ del “dopo” se ci sarà un ritorno al “prima”, è ancora da negoziare e da decidere.

Le 5 fasi della perdita

La nostra inabilità personale a combattere da soli questo Virus, ci spinge ad attraversare diverse fasi, dentro di noi. Le stesse fasi che si alternano di fronte ad un lutto, una perdita. La prima è la negazione, negare che quello che sta succedendo sia vero, o anche solo lontanamente concepibile. Ed è cosi che molti individui ma anche nazioni hanno inizialmente risposto alla pandemia. Far continuare la nostra vita, come prima, non è possibile, e forse non lo sarà per molto tempo. Si continua con la rabbia. La rabbia verso chi lo ha portato a noi, chi lo ha scatenato e chi non ha saputo proteggerci in tempo. In alcuni casi si è trasformato in odio per lo straniero, il diverso. Superata la fase della rabbia si vorrebbe negoziare: negoziare con la realtà. “Si è vero non possiamo più lavorare ma di certo potrò uscire a passeggio, potrò andare un attimo dai vicini”. Tramite la negoziazione si cerca di ottenere di nuovo una sorta di controllo sulla situazione, non la devo rifiutare o negare ma posso in qualche modo “dire la mia” sulla situazione. La fase depressiva segue la negoziazione. Si elabora il lutto di quello che si è perso, anche se in questo caso la speranza che possa ritornare resta. Per ora abbiamo tutti perso la nostra quotidianità, la nostra identità societaria è messa momentaneamente in pausa, non ci vestiamo ne presentiamo per nessuno, all’interno delle nostre case siamo ridotti alla nostra mera essenza, a chi siamo veramente, quanto tutto il resto ci e’ tolto (per il nostro bene). L’ultima fase è l’accettazione.

Accettiamo

Nella nostra quarantena o lockdown abbiamo tutti scoperto un modo di vivere diverso, più lento, più a misura d’uomo, un modo di assaporare il “qui ed ora”. Non ci è più permesso pianificare, non ci è possibile neanche sapere cosa ci aspetta e quando ci aspetta. E cosi molti di noi sono a casa, lavorano da casa e vivono nel presente, perché per la prima volta agli abitanti del mondo Occidentale è stata tolta la possibilità di viaggiare, di pianificare, di spostarsi, di fare carriera (salvo eccezioni), di fare shopping e dedicarsi alla nostra vita usuale. E cosa ci resta? Molto. Abbiamo la possibilità tramite internet e Smart Phone, di esser in contatto con molti amici e familiare per i quali non avevamo mai tempo, possiamo fare lunghe conversazioni e riallacciare rapporti, abbiamo la possibilità di visitare musei e vedere spettacoli teatrali online, di accede ai libri E-book delle biblioteche, di fare esercizio da casa o nel parco, di stare davvero con i nostri figli. Abbiamo la possibilità di praticare l’accettazione di essere tutti nella stessa situazione, e sebbene isolati nelle nostre case, sapere che il vicino, e quelli più lontani, vivono e condividono la stessa nostra sorte. Siamo incerti ma lo siamo insieme. Accettare che per il momento questa è la realtà, e che lo è solo nel “qui ed ora” ci aiuta a vivere con compassione. Combattere contro la nostra forzata reclusione crea sofferenza. Infatti la sofferenza non viene dalle situazioni che ci si presentano, ma dalla nostra reazione ad esse. Accettare il presente non lo cambia, ma ne elimina parte della sofferenza. Diamoci lo spazio ed il permesso di essere in un momento storico e mondiale difficile. Diamoci il permesso di dire a noi stessi: “tutto quello che sta accadendo è davvero difficile, sono veramente in difficolta in questo momento” (Dal libro “Self-compassion” K. Neff).

Possiamo ancora chiedere aiuto in terapia, possiamo ancora lavorare su noi stessi e sulle nostre difficoltà ed idiosincrasie, guardiamo a quello che ancora possiamo fare e non a quello che non possiamo fare. Possiamo ancora raggiungere luoghi al di fuori e dentro di noi in maniera telematica, e questo viaggiare interiore puo ancora portarci lontano.

REFERENCES

https://study.com/academy/lesson/what-are-the-stages-of-dying-overview-of-kubbler-rosss-5-stages.html

http://routledgesoc.com/category/profile-tags/liquid-modernity

https://www.timeout.com/london/blog/london-is-among-the-loneliest-cities-in-the-world-021617

https://www.mindbodygreen.com/0-13730/5-things-everyone-should-know-about-acceptance.html

https://self-compassion.org


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